Skandha

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[Sanscrito स्कन्ध] (Khandha, lingua Pāli) è la denominazione che il Buddha dà alla totalità delle sembianze fisiche, delle sensazioni e dei fenomeni psichici e significa letteralmente “accumulo”, o meglio “parti costituenti”. Per la dottrina teosofica sono le “vibrazioni” che causiamo con le nostre azioni e sono strettamente unite alle immagini della “luce astrale” che è lo strumento che consente le impressioni; sono le “tendenze”, le predisposizioni che rimangono latenti dopo la morte ed i processi che a questa susseguono e che condizionano la successiva reincarnazione, la successiva personalità ed attraggono l’Io “che si reincarna”.

Comunemente (exotericamente) ne vengono catalogati cinque:

1. Rūpa. Il nostro (attuale) “fondamento” della sensazione di soggettività. Comprende il sentir-si realmente localizzato. 2. Vadanā. Sono i nostri basilari istinti umani. M.me Blavatsky le chiama sensazioni. 3. Samjna (sannā). La percezione. Questo skandha comprende altresì la “memoria”. H.P.B. li definisce idee astratte. 4. Samskāra (Saṁskāra, sankhāra). Le “costruzioni psichiche soggettive”. Secondo M.me Blavatsky sono le tendenze della mente. Questo skandha si può classificare con cinquantuno diverse suddivisioni. 5. Vijnāna (Vijñāna, vinnāna). La coscienza (umana), che viene suddivisa secondo otto diversi aspetti.

È da notare come usualmente H.P.B. attribuisca (exotericamente) gli skandha unicamente alla personalità, a differenza del buddhismo che li estende alla ”individualità”. Per il buddhismo (esotericamente) e per i Maestri, gli skandha sono sette, di cui due soggettivi, relativi a quanto dell’uomo è immortale: sakkayaditthi, “l’eresia o l’illusione della personalità” ed attavada “la dottrina dell’esistenza di un’anima permanente”.

Sorge il problema di spiegare come, dato che una nuova personalità dipende da quella precedente essendo l’aggregato degli attributi di quella passata, si possa parlare di una nuova personalità in cui nulla rimane della vecchia. M.me Blavatsky risolve la questione dicendoci: “In un senso è un nuovo essere, in un altro non lo è”. L’affermazione della Signora si chiarisce se per risolvere il problema si tengono presenti i concetti di karma e di “luce astrale” (la memoria): gli skandha sono unicamente delle inclinazioni che favoriscono, ma non obbligano, la persona nella sua ciclica necessità di riequilibrare il proprio bilancio “karmico” secondo le registrazioni dei lipika. (vedi: Karma)..[1]

Si ricorda che il Glossario completo de La Dottrina Segreta è consultabile al sito della Società Teosofica Italiana.

Note

  1. Pier Giorgio Parola, Glossario Teosofico. Raccolta di termini usati nella letteratura teosofica, Edizioni Teosofiche Italiane, Vicenza, 2013, p. 68