Emblema della Società Teosofica: differenze tra le versioni
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'''L'emblema''' della [[Società Teosofica]] è composto da vari elementi che insieme costituiscono un'unità di significato. In esso si combinano i simboli presi da varie tradizioni religiose di varie aree del mondo con il fine di rappresentare l'ordine dell'universo e l'unità di tutta la vita. Tali simboli sono: l'[[Om]], la [[Svastika]], il [[Ouroboros]], la [[Stella di David]], l'[[Ankh]], e il [[Motto]] della [[Società Teosofica]]. | '''L'emblema''' della [[Società Teosofica]] è composto da vari elementi che insieme costituiscono un'unità di significato. In esso si combinano i simboli presi da varie tradizioni religiose di varie aree del mondo con il fine di rappresentare l'ordine dell'universo e l'unità di tutta la vita. Tali simboli sono: l'[[Om]], la [[Svastika]], il [[Ouroboros]], la [[Stella di David]], l'[[Ankh]], e il [[Motto della Società Teosofica|Motto]] della [[Società Teosofica]]. | ||
Per una descrizione minuziosa di questo simbolo si rimanda al brano antologico | Per una descrizione minuziosa di questo simbolo si rimanda al relativo brano antologico, presente alla voce [[La Società Teosofica - Storia, valori e realtà attuale]] di [[Antonio Girardi]] | ||
==La parola sacra== | |||
[[File:Om.gif|300px|right|thumb|Simbolo dell'Om]] | |||
Sulla sommità dell'emblema si trova la parola [[Sanscrito|sanscrita]] [[Om]], parola che esprime profonda sacralità in India, che viene utilizzata dagli indù, dai buddisti e da altri gruppi. Rimane intraducibile in italiano per via del suo significato prettamente simbolico. La sua pronuncia è data dalla singola sillaba "om", ma per scriverla in sanscrito sono necessarie tre lettere: "a", "u", e "m" — poiché in sanscrito il suono "o" si scrive con il dittongo "au". La si considera quindi la massima espressione ternaria dell'Unità. È la trinità, che si riscontra non solo nella [[Cristianità]], ma anche nell' [[Induismo]], nel [[Buddhismo]], così come in molte altre religioni in tutto il mondo. | |||
La natura di parola sacra che contraddistingue l'Om lo rende associabile al termine greco [[Logos]] che venne adottato dai primi cristiani come simbolo dell'ordine divino che riecheggia nella famosissima frase "In principio era il Verbo, il Verbo er presso Dio e il Verbo era Dio". È la parola che crea, sostegno e trasforma l'intero cosmo: la parola eternamente pronunciata da Dio. | |||
Anche la struttura stessa delle lettere sanscrite che compongono la parola è interessante dal punto di vista simbolico. La lettera "a" è rappresentata da quella che appare come un “3” unito con un trattino a una sorta di "pi greco" e in questo modo si può dire che la lettera venga scritta in modo bidimensionale. La breve linea curva, scritta sopra alla parte della lettera "a" che sembra un "pi greco" è la lettera "u", che si può considerare monodimensionale. Il puntino è invece la lettera "m", senza dimensione propria. Si potrebbe quindi affermare che le lettere della parola Om, vanno riducendosi progressivamente per terminare con un punto, che rappresenta la singolarità originaria da cui l'intero universo si generò ai tempi del Big Bang. | |||
L'Om si trova sulla sommità dell'emblema poiché rappresenta il simbolo dell'Assoluto che si esprime come intelligenza "una e trina" o come Logos da cui proviene l'universo e a cui ritornerà alla fine dei tempi. Il grande poema iniziatico indù, la [[Bhagavad Gita]], dice che la parola Om dovrebbe essere all'inizio di ogni cosa proprio poiché è il simbolo divino dell'origine di tutte le cose. | |||
==La croce uncinata== | |||
[[File:Swastika.gif|300px|right|thumb|Croce uncinata o svastica]] | |||
Al di sotto della parola Om vi è una croce uncinata inscritta in un cerchio. Trattasi di un simbolo estremamente antico che si ritrova in molte parti del mondo, come in India, presso i nativi americani e presso molte altre culture sparse per il globo. In sanscrito la si chiama [[Svastica|svastica]] che significa "buono, positivo”. Deriva dalla parola "swasti", che significa benessere, a sua volta derivante da "su", bene, e "asti" che significa "ciò è". Molto popolare tra gli indiani, si ritiene che sia un segno di buon auspico. | |||
Qualsiasi croce è in qualche modo sempre la rappresentazione di un aspetto della manifestazione. La svastica è una croce uncinata, il cui moto circolare in senso orario (卍) richiama le forze dinamiche associate alla creazione. Ne deriva che la svastica rappresenta il grande processo del divenire, che produce il mondo nel quale viviamo. Rappresenta simbolicamente ciò che gli astrofisici chiamano l'espansione dell'universo. Quando invece la rotazione della svastica viene rappresentata in senso opposto (卐), essa diventa simbolo delle forze di contrazione e distruzione che conducono alla fine del mondo quando la sua evoluzione è ormai completa. Questa seconda svastica non è di per sé malvagia ma rappresenta semplicemente il riassorbimento delle energie creative e i processi che conducono alla fine. | |||
Il cerchio in cui è inscritta la svastica è quello che viene chiamato "l'anello invalicabile", ovvero il confine che circonda il nostro universo e all'interno del quale le forze creatrici vorticano incessantemente e causano l'evoluzione della vita. Sebbene la svastica rappresenti un movimento circolare, il suo centro è immobile. Quando raggiungiamo questo punto ci troviamo, secondo le parole di T.S. Elliot, "nel punto immobile del mondo che ruota": è il punto di calma e pace al centro del mondo, in perenne mutamento intorno a noi. | |||
La svastica inscritta nel cerchio, che quindi è il simbolo del mondo nel suo aspetto dinamico legato al divenire, è collocata esattamente al di sotto del simbolo dell'Om, che a sua volta rappresenta quell'eterna e assoluta origine da cui il mondo intero emana. La loro disposizione all'interno dell'emblema è quindi pregna di significato: il nostro mondo in perenne divenire è direttamente collegato e quindi dipende dall'Assoluto immutato. Inoltre è importante notare come il resto dell'emblema, che rappresenta aspetti particolari del mondo in divenire, si espande a partire dalla svastica inscritta nel cerchio. Il resto dell'emblema infatti ci fornisce uno spaccato del processo evolutivo, di cui la croce uncinata è il simbolo, in svolgimento all'interno di esso. | |||
==L'Ouroboros== | |||
[[File:Ouroboros.jpg|200px|right|thumb|Ouroboros]] | |||
Direttamente collegato alla svastica troviamo il serpente che si mangia la coda. Gli antichi gnostici greci e gli alchimisti chiamavano questo simbolo l'[[Ouroboros|ouroboros]]. Il cerchio formato dal serpente è un'ulteriore riproposizione del cerchio in cui è inscritta la svastica e rappresenta i confini dell'universo. Il fatto che il serpente passi attraverso la svastica suggerisce che tutto ciò che esso circonda è parte integrante dell'energia creativa della croce uncinata. | |||
Il serpente che si mangia la coda rappresenta altresì i cicli di natura e l'ordine infinito della vita. The serpent swallowing its tail also represents the cycles of nature, the bounded eternity of the world, and the infinite order of life. Una delle idee che esso suggerisce è la stessa che T.S. Eliot espresse nella poesia ''East Coker'': "''Nel mio inizio si trova la mia fine''", vale a dire, la legge e l'ordine is possono riscontrare ovunque nell'universo e nella vita umana, quindi la fine di qualsiasi cosa è implicita nel suo inizio. | |||
In Occidente, il serpente o il drago vengono a volte interpretati come simboli di malvagità e tentazione al peccato, ma, in Oriente, essi rappresentano in genere la saggezza, la longevità e la felicità. In Cina il drago o il serpente alato sono simboli portatori di grande fortuna. Nella tradizione indù, i serpenti sono i guardiani dei valevoli iniziati chiamati [[Naga|naga]]. Anche nello stesso Occidente il serpente è di fatto associato alla saggezza: Cristo consigliava ai propri apostoli di essere "saggi come serpenti e innocui come le colombe". | |||
Il serpente è inoltre un simbolo di guarigione così come di integrità. Mosè curava coloro che tra i Figli di Israele si erano ammalati nel deserto, facendoli fissare lo sguardo su un serpente di metallo posto in cima ad un palo. I padri della chiesa cristiana interpretarlo il serpete come una specie di simbolo che anticipava la figura di Cristo sulla croce. E i due serpent che si intrecciano inter ad un bastono sono ancor oggi un simbolo delle professioni mediche. Il fatto che il serpente muti la propria pelle ogni anno lo rende un emblema della natura ciclica del mondo e del rinnovamento della vita, ovvero della resurrezione. In questo modo, quindi, il serpente crea un'analogia con Cristo e con il processo di trasformazione che compiremo tutti alla fine. | |||
==I due triangoli== | |||
[[File:Triangles.gif|300px|right|thumb|I due triangoli]] | |||
L'area circoscritta dal serpente rappresenta l'universo intero e tutto ciò che contiene. Su tale sfondo si collocano due triangoli che sono a loro volta un simbolo di globalità. L'esagramma o la stella a sei punte che formano è un simbolo universale con molteplici significati, che si trova, per esempio, nel giudaismo con il nome di Sigillo di Salomone o [[Stella di David]] ma che si riscontra anche in India, fra gli gnostici e gli alchimisti e in qualsiasi altra parte del mondo. | |||
Il triangolo con il vertice rivolto verso l'alto è di colore chiaro e rappresenta lo spirito e la coscienza. Il triangolo rivolto invece verso il basso è di colore scuro e rappresenta la materia o la sostanza. L'unione dei due triangoli incrociati serve a riaffermare l'interdipendenza dello spirito e della materia. Uno dei concetti base della [[Teosofia]] è infatti che ogni particella di materia sia dotata di coscienza propria e altresì che ogni scintilla di coscienza sia dotata di una forma materiale e si esprima attraverso di essa. Lo spirito è legato alla materia così come la materia è legata allo spirito e nessuno dei due può esistere senza l'altro. | |||
L'idea che materia e spirito non siano altro che le due facce della stessa medaglia si riscontra anche nella teologia cristiana tradizionale, la quale sostiene che alla fine dei tempi avverrà una “resurrezione generale”, in cui tutti i corpi dei morti verranno riportati in vita e riuniti alle loro anime, dalle quali erano state separate al momento della morte. Quindi la teologia cristiana sostiene che nell'eternità le nostre anime e i nostri corpi saranno nuovamente uniti, proprio come lo sono adesso. Il significato intimo della dottrina cristiana riguardante la resurrezione generale alla fine dei tempi è la stessa che riscontriamo nell’insegnamento teosofico relativo alla coesistenza della materia e dello spirito. La realtà intera si esprime sia sotto forma di spirito che di materia, i quali costituiscono insieme quindi un’unità perfetta ed indivisa. Tale concetto è espresso dai triangoli intersecati, i quali formano, pur essendo due, un’unità interconnessa proprio come lo spirito e la materia o la coscienza e la sostanza. | |||
E’ particolarmente significativo che sia proprio la forma geometrica del triangolo a rappresentare sia lo spirito che la materia. Entrambi sono infatti caratterizzati da una natura tripartita. In particolare, i tre aspetti che costituiscono lo spirito, o la coscienza, sono la realtà dell’essere, la consapevolezza degli altri e l’attività gioiosa. Nell’induismo essi vengono chiamati ''sat'' (essere), ''chit'' (consapevolezza) e ''ananda'' (benedizione), termini che sono spesso riuniti nella parola ''sat-chit-ananda'' che ne rappresenta l’unità. Nella filosofia platonica essi sono invece chiamati il Buono, il Bello e il Vero. La massoneria li chiama a sua volta Saggezza, Forza e Bellezza. Per il cristianesimo sono invece le tre persone della Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo oppure le tre virtù teologali, fede, speranza e carità. | |||
Allo stesso modo anche la materia ha tre aspetti, che sono la fissità, l’attività e la regolarità. Nell’induismo vengono definiti come i tre “fili” o ''gunas'' attraverso i quali viene intessuta la materia: essi sono ''tamas'', l’inerzia, ''rajas'', l’attività e ''sattva'', l’armonia. Questi corrispondono ai tre elementi alchemici, il sale, il mercurio e lo zolfo, rappresentati attraverso i tre colori bianco, rosso e nero, che sono i colori base di moltissime culture in tutto il mondo. | |||
Non è quindi un caso che siano proprio due triangoli ad essere utilizzati per rappresentare lo spirito e la materia. I sei lati e i sei angoli dei due triangoli insieme generano il numero dodici, corrispondente ai segni dello zodiaco, alle tribù d’Israele, agli apostoli di Cristo, alle fatiche di Ercole e a molti altri simboli ed elementi mitologici che sono espressi in dozzine. Tutte queste a loro volta rappresentano la molteplicità di esperienze che viviamo in questo mondo. | |||
==L'Ankh== | |||
[[File:Ankh.gif|300px|right|thumb|L'Anhk]] | |||
Al centro della stella a sei punte dello spirito e della materia troviamo il simbolo della croce egizia, l'ankh appunto, simbolo di vita. I sei vertici dei triangoli uniti all'ankh in posizione centrale rappresentano i sette principi dell'universo. Se consideriamo i sei vertici dei triangoli uniti all’ankh al loro centro otteniamo una rappresentazione dei sette principi dell’universo. Se consideriamo invece che l’esagramma ha ha dodici lati e dodici vertici (se si contano sia gli angoli ad essi interni sia quelli esterni) il suo centro può essere visto come il suo tredicesimo elemento, corrispondente a Cristo fra gli apostoli, a Ercole circondato dalle proprie fatiche e così via. L’ankh rappresenta inoltre l’idea che la vita sia il risultato dell’interazione tra lo spirito, inteso anche come coscienza e rappresentato dal triangolo rivolto verso l’alto, e la materia, altresì intesa come sostanza e rappresentata dal triangolo rivolto verso il basso. | |||
L’ankh viene altresì chiamata croce ansata, definizione che descrive una croce che presenta un’impugnatura. Nelle raffigurazioni egizie gli uomini o gli dei vengono spesso rappresentati mentre impugnano questa croce. Ciò sta a rappresentare che l’equilibrio tra spirito e materia permette ad un essere umano di avere il controllo totale sulla propria vita. | |||
L’ankh può anche essere vista come l’unione dei due simboli che la compongono, ovvero di un anello sormontante un tau, o croce a T, che rappresenta simbolicamente una squadra a T. I progettisti e gli architetti utilizzano questo tipo di squadra per compiere due azioni che, nell’ankh, acquistano un valore simbolico. Un primo utilizzo prevede la possibilità di tracciare linee parallele, azione che rappresenta quindi metaforicamente la capacità di discernere e interpretare simboli e analogie. Lo strumento viene altresì utilizzato per sostenere le squadre, quando si vogliono tracciare degli angoli e in tal senso l’ankh rappresenta simbolicamente la base di tutti i significati triplici dello spirito e della materia. Come tutte le forme squadrate, il tau rappresenta inoltre la materia, mentre il cerchio rappresenta lo spirito; la loro combinazione è quindi un’ulteriore rappresentazione dell’interazione fra spirito e materia che permette la creazione della vita. | |||
Ne consegue che l’ankh ripete, in un registro inferiore, lo stesso simbolismo già espresso dai triangoli incrociati, dal serpente e dalla svastica inscritta nel cerchio. Tutti questi elementi descrivono le reciproche connessioni tra spirito e materia in qualità di espressione della fonte divina, rappresentata dall’[[Om]] che li sovrasta. Tale ripetizione degli stessi significati espressi, seppure con un margine di variazione dipendente dagli specifici dettagli, vuole rispecchiare la complessità di corrispondenze che esiste attraverso tutto l’universo. In ultima istanza il significato dell’emblema nella propria interezza è che il mondo è unico nella sua interezza, nonché coerente e intriso di significati in ogni elemento che lo costituisce. | |||
==Il motto== | |||
[[File:Sanskrit motto.png|250px|right|thumb|Motto della Società Teosofica in sanscrito]] | |||
Intorno alla parte inferiore del serpente si trova un [[Motto della Società Teosofica|motto]], che recita: “Non vi è religione superiore alla Verità.” Questa è la traduzione italiana di una frase sanscrita, all’interno della quale ritroviamo una parola dai significati molteplici, che permettono di fare luce sul senso del motto intero. La frase originale in sanscrito è ''Satyan nasti paro dharmah'', le cui prime tre parole possono tradursi letteralmente in questo modo: ''satyan'' significa “della verità”, ''nasti'' “non è”, ''paro'' “ulteriore, più grande, più alta.” La parola più difficile da tradurre è però ''Dharmah'', poiché è dotata di molteplici significati. La radice del suo significato è associabile a “ciò che è stabilito o definitivo”. E da tale radice derivano molti altri significati quali “legge”, “consuetudine”, “dovere”, “moralità”, “giustizia”, “religione”, “insegnamento o dottrina”, “buone opere” e “natura essenziale”. | |||
Il motto dunque non riguarda specificamente ciò a cui noi solitamente ci riferiamo con la parola “religione”. Si riferisce invece al concetto che nessuna delle cose che riguardano l’essere umano o le proprie convenzioni o idee può sostenere il confronto con la natura stessa della Verità. La realtà è ben di più dell’unione delle sue singole parti e il suo significato si spinge ben oltre le nozioni attraverso le quali proviamo a descriverla. La frase quindi ci invita a riportare la nostra attenzione dal fondo dell’emblema, alla parola [[Om]] che si trova sulla sua sommità. Questa parola è infatti il simbolo stesso di ciò che è vero in sé, della Verità stessa. Ne consegue che l’emblema intero, proprio come il serpente, termina nel punto stesso in cui prende vita, affermando così l’unità della Verità suprema che riunisce tutte le cose. | |||
[[en:Theosophical Seal]] | [[en:Theosophical Seal]] |
Versione attuale delle 14:30, 30 nov 2018
L'emblema della Società Teosofica è composto da vari elementi che insieme costituiscono un'unità di significato. In esso si combinano i simboli presi da varie tradizioni religiose di varie aree del mondo con il fine di rappresentare l'ordine dell'universo e l'unità di tutta la vita. Tali simboli sono: l'Om, la Svastika, il Ouroboros, la Stella di David, l'Ankh, e il Motto della Società Teosofica.
Per una descrizione minuziosa di questo simbolo si rimanda al relativo brano antologico, presente alla voce La Società Teosofica - Storia, valori e realtà attuale di Antonio Girardi
La parola sacra
Sulla sommità dell'emblema si trova la parola sanscrita Om, parola che esprime profonda sacralità in India, che viene utilizzata dagli indù, dai buddisti e da altri gruppi. Rimane intraducibile in italiano per via del suo significato prettamente simbolico. La sua pronuncia è data dalla singola sillaba "om", ma per scriverla in sanscrito sono necessarie tre lettere: "a", "u", e "m" — poiché in sanscrito il suono "o" si scrive con il dittongo "au". La si considera quindi la massima espressione ternaria dell'Unità. È la trinità, che si riscontra non solo nella Cristianità, ma anche nell' Induismo, nel Buddhismo, così come in molte altre religioni in tutto il mondo.
La natura di parola sacra che contraddistingue l'Om lo rende associabile al termine greco Logos che venne adottato dai primi cristiani come simbolo dell'ordine divino che riecheggia nella famosissima frase "In principio era il Verbo, il Verbo er presso Dio e il Verbo era Dio". È la parola che crea, sostegno e trasforma l'intero cosmo: la parola eternamente pronunciata da Dio.
Anche la struttura stessa delle lettere sanscrite che compongono la parola è interessante dal punto di vista simbolico. La lettera "a" è rappresentata da quella che appare come un “3” unito con un trattino a una sorta di "pi greco" e in questo modo si può dire che la lettera venga scritta in modo bidimensionale. La breve linea curva, scritta sopra alla parte della lettera "a" che sembra un "pi greco" è la lettera "u", che si può considerare monodimensionale. Il puntino è invece la lettera "m", senza dimensione propria. Si potrebbe quindi affermare che le lettere della parola Om, vanno riducendosi progressivamente per terminare con un punto, che rappresenta la singolarità originaria da cui l'intero universo si generò ai tempi del Big Bang.
L'Om si trova sulla sommità dell'emblema poiché rappresenta il simbolo dell'Assoluto che si esprime come intelligenza "una e trina" o come Logos da cui proviene l'universo e a cui ritornerà alla fine dei tempi. Il grande poema iniziatico indù, la Bhagavad Gita, dice che la parola Om dovrebbe essere all'inizio di ogni cosa proprio poiché è il simbolo divino dell'origine di tutte le cose.
La croce uncinata
Al di sotto della parola Om vi è una croce uncinata inscritta in un cerchio. Trattasi di un simbolo estremamente antico che si ritrova in molte parti del mondo, come in India, presso i nativi americani e presso molte altre culture sparse per il globo. In sanscrito la si chiama svastica che significa "buono, positivo”. Deriva dalla parola "swasti", che significa benessere, a sua volta derivante da "su", bene, e "asti" che significa "ciò è". Molto popolare tra gli indiani, si ritiene che sia un segno di buon auspico.
Qualsiasi croce è in qualche modo sempre la rappresentazione di un aspetto della manifestazione. La svastica è una croce uncinata, il cui moto circolare in senso orario (卍) richiama le forze dinamiche associate alla creazione. Ne deriva che la svastica rappresenta il grande processo del divenire, che produce il mondo nel quale viviamo. Rappresenta simbolicamente ciò che gli astrofisici chiamano l'espansione dell'universo. Quando invece la rotazione della svastica viene rappresentata in senso opposto (卐), essa diventa simbolo delle forze di contrazione e distruzione che conducono alla fine del mondo quando la sua evoluzione è ormai completa. Questa seconda svastica non è di per sé malvagia ma rappresenta semplicemente il riassorbimento delle energie creative e i processi che conducono alla fine.
Il cerchio in cui è inscritta la svastica è quello che viene chiamato "l'anello invalicabile", ovvero il confine che circonda il nostro universo e all'interno del quale le forze creatrici vorticano incessantemente e causano l'evoluzione della vita. Sebbene la svastica rappresenti un movimento circolare, il suo centro è immobile. Quando raggiungiamo questo punto ci troviamo, secondo le parole di T.S. Elliot, "nel punto immobile del mondo che ruota": è il punto di calma e pace al centro del mondo, in perenne mutamento intorno a noi.
La svastica inscritta nel cerchio, che quindi è il simbolo del mondo nel suo aspetto dinamico legato al divenire, è collocata esattamente al di sotto del simbolo dell'Om, che a sua volta rappresenta quell'eterna e assoluta origine da cui il mondo intero emana. La loro disposizione all'interno dell'emblema è quindi pregna di significato: il nostro mondo in perenne divenire è direttamente collegato e quindi dipende dall'Assoluto immutato. Inoltre è importante notare come il resto dell'emblema, che rappresenta aspetti particolari del mondo in divenire, si espande a partire dalla svastica inscritta nel cerchio. Il resto dell'emblema infatti ci fornisce uno spaccato del processo evolutivo, di cui la croce uncinata è il simbolo, in svolgimento all'interno di esso.
L'Ouroboros
Direttamente collegato alla svastica troviamo il serpente che si mangia la coda. Gli antichi gnostici greci e gli alchimisti chiamavano questo simbolo l'ouroboros. Il cerchio formato dal serpente è un'ulteriore riproposizione del cerchio in cui è inscritta la svastica e rappresenta i confini dell'universo. Il fatto che il serpente passi attraverso la svastica suggerisce che tutto ciò che esso circonda è parte integrante dell'energia creativa della croce uncinata.
Il serpente che si mangia la coda rappresenta altresì i cicli di natura e l'ordine infinito della vita. The serpent swallowing its tail also represents the cycles of nature, the bounded eternity of the world, and the infinite order of life. Una delle idee che esso suggerisce è la stessa che T.S. Eliot espresse nella poesia East Coker: "Nel mio inizio si trova la mia fine", vale a dire, la legge e l'ordine is possono riscontrare ovunque nell'universo e nella vita umana, quindi la fine di qualsiasi cosa è implicita nel suo inizio.
In Occidente, il serpente o il drago vengono a volte interpretati come simboli di malvagità e tentazione al peccato, ma, in Oriente, essi rappresentano in genere la saggezza, la longevità e la felicità. In Cina il drago o il serpente alato sono simboli portatori di grande fortuna. Nella tradizione indù, i serpenti sono i guardiani dei valevoli iniziati chiamati naga. Anche nello stesso Occidente il serpente è di fatto associato alla saggezza: Cristo consigliava ai propri apostoli di essere "saggi come serpenti e innocui come le colombe".
Il serpente è inoltre un simbolo di guarigione così come di integrità. Mosè curava coloro che tra i Figli di Israele si erano ammalati nel deserto, facendoli fissare lo sguardo su un serpente di metallo posto in cima ad un palo. I padri della chiesa cristiana interpretarlo il serpete come una specie di simbolo che anticipava la figura di Cristo sulla croce. E i due serpent che si intrecciano inter ad un bastono sono ancor oggi un simbolo delle professioni mediche. Il fatto che il serpente muti la propria pelle ogni anno lo rende un emblema della natura ciclica del mondo e del rinnovamento della vita, ovvero della resurrezione. In questo modo, quindi, il serpente crea un'analogia con Cristo e con il processo di trasformazione che compiremo tutti alla fine.
I due triangoli
L'area circoscritta dal serpente rappresenta l'universo intero e tutto ciò che contiene. Su tale sfondo si collocano due triangoli che sono a loro volta un simbolo di globalità. L'esagramma o la stella a sei punte che formano è un simbolo universale con molteplici significati, che si trova, per esempio, nel giudaismo con il nome di Sigillo di Salomone o Stella di David ma che si riscontra anche in India, fra gli gnostici e gli alchimisti e in qualsiasi altra parte del mondo.
Il triangolo con il vertice rivolto verso l'alto è di colore chiaro e rappresenta lo spirito e la coscienza. Il triangolo rivolto invece verso il basso è di colore scuro e rappresenta la materia o la sostanza. L'unione dei due triangoli incrociati serve a riaffermare l'interdipendenza dello spirito e della materia. Uno dei concetti base della Teosofia è infatti che ogni particella di materia sia dotata di coscienza propria e altresì che ogni scintilla di coscienza sia dotata di una forma materiale e si esprima attraverso di essa. Lo spirito è legato alla materia così come la materia è legata allo spirito e nessuno dei due può esistere senza l'altro.
L'idea che materia e spirito non siano altro che le due facce della stessa medaglia si riscontra anche nella teologia cristiana tradizionale, la quale sostiene che alla fine dei tempi avverrà una “resurrezione generale”, in cui tutti i corpi dei morti verranno riportati in vita e riuniti alle loro anime, dalle quali erano state separate al momento della morte. Quindi la teologia cristiana sostiene che nell'eternità le nostre anime e i nostri corpi saranno nuovamente uniti, proprio come lo sono adesso. Il significato intimo della dottrina cristiana riguardante la resurrezione generale alla fine dei tempi è la stessa che riscontriamo nell’insegnamento teosofico relativo alla coesistenza della materia e dello spirito. La realtà intera si esprime sia sotto forma di spirito che di materia, i quali costituiscono insieme quindi un’unità perfetta ed indivisa. Tale concetto è espresso dai triangoli intersecati, i quali formano, pur essendo due, un’unità interconnessa proprio come lo spirito e la materia o la coscienza e la sostanza.
E’ particolarmente significativo che sia proprio la forma geometrica del triangolo a rappresentare sia lo spirito che la materia. Entrambi sono infatti caratterizzati da una natura tripartita. In particolare, i tre aspetti che costituiscono lo spirito, o la coscienza, sono la realtà dell’essere, la consapevolezza degli altri e l’attività gioiosa. Nell’induismo essi vengono chiamati sat (essere), chit (consapevolezza) e ananda (benedizione), termini che sono spesso riuniti nella parola sat-chit-ananda che ne rappresenta l’unità. Nella filosofia platonica essi sono invece chiamati il Buono, il Bello e il Vero. La massoneria li chiama a sua volta Saggezza, Forza e Bellezza. Per il cristianesimo sono invece le tre persone della Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo oppure le tre virtù teologali, fede, speranza e carità.
Allo stesso modo anche la materia ha tre aspetti, che sono la fissità, l’attività e la regolarità. Nell’induismo vengono definiti come i tre “fili” o gunas attraverso i quali viene intessuta la materia: essi sono tamas, l’inerzia, rajas, l’attività e sattva, l’armonia. Questi corrispondono ai tre elementi alchemici, il sale, il mercurio e lo zolfo, rappresentati attraverso i tre colori bianco, rosso e nero, che sono i colori base di moltissime culture in tutto il mondo.
Non è quindi un caso che siano proprio due triangoli ad essere utilizzati per rappresentare lo spirito e la materia. I sei lati e i sei angoli dei due triangoli insieme generano il numero dodici, corrispondente ai segni dello zodiaco, alle tribù d’Israele, agli apostoli di Cristo, alle fatiche di Ercole e a molti altri simboli ed elementi mitologici che sono espressi in dozzine. Tutte queste a loro volta rappresentano la molteplicità di esperienze che viviamo in questo mondo.
L'Ankh
Al centro della stella a sei punte dello spirito e della materia troviamo il simbolo della croce egizia, l'ankh appunto, simbolo di vita. I sei vertici dei triangoli uniti all'ankh in posizione centrale rappresentano i sette principi dell'universo. Se consideriamo i sei vertici dei triangoli uniti all’ankh al loro centro otteniamo una rappresentazione dei sette principi dell’universo. Se consideriamo invece che l’esagramma ha ha dodici lati e dodici vertici (se si contano sia gli angoli ad essi interni sia quelli esterni) il suo centro può essere visto come il suo tredicesimo elemento, corrispondente a Cristo fra gli apostoli, a Ercole circondato dalle proprie fatiche e così via. L’ankh rappresenta inoltre l’idea che la vita sia il risultato dell’interazione tra lo spirito, inteso anche come coscienza e rappresentato dal triangolo rivolto verso l’alto, e la materia, altresì intesa come sostanza e rappresentata dal triangolo rivolto verso il basso.
L’ankh viene altresì chiamata croce ansata, definizione che descrive una croce che presenta un’impugnatura. Nelle raffigurazioni egizie gli uomini o gli dei vengono spesso rappresentati mentre impugnano questa croce. Ciò sta a rappresentare che l’equilibrio tra spirito e materia permette ad un essere umano di avere il controllo totale sulla propria vita.
L’ankh può anche essere vista come l’unione dei due simboli che la compongono, ovvero di un anello sormontante un tau, o croce a T, che rappresenta simbolicamente una squadra a T. I progettisti e gli architetti utilizzano questo tipo di squadra per compiere due azioni che, nell’ankh, acquistano un valore simbolico. Un primo utilizzo prevede la possibilità di tracciare linee parallele, azione che rappresenta quindi metaforicamente la capacità di discernere e interpretare simboli e analogie. Lo strumento viene altresì utilizzato per sostenere le squadre, quando si vogliono tracciare degli angoli e in tal senso l’ankh rappresenta simbolicamente la base di tutti i significati triplici dello spirito e della materia. Come tutte le forme squadrate, il tau rappresenta inoltre la materia, mentre il cerchio rappresenta lo spirito; la loro combinazione è quindi un’ulteriore rappresentazione dell’interazione fra spirito e materia che permette la creazione della vita.
Ne consegue che l’ankh ripete, in un registro inferiore, lo stesso simbolismo già espresso dai triangoli incrociati, dal serpente e dalla svastica inscritta nel cerchio. Tutti questi elementi descrivono le reciproche connessioni tra spirito e materia in qualità di espressione della fonte divina, rappresentata dall’Om che li sovrasta. Tale ripetizione degli stessi significati espressi, seppure con un margine di variazione dipendente dagli specifici dettagli, vuole rispecchiare la complessità di corrispondenze che esiste attraverso tutto l’universo. In ultima istanza il significato dell’emblema nella propria interezza è che il mondo è unico nella sua interezza, nonché coerente e intriso di significati in ogni elemento che lo costituisce.
Il motto
Intorno alla parte inferiore del serpente si trova un motto, che recita: “Non vi è religione superiore alla Verità.” Questa è la traduzione italiana di una frase sanscrita, all’interno della quale ritroviamo una parola dai significati molteplici, che permettono di fare luce sul senso del motto intero. La frase originale in sanscrito è Satyan nasti paro dharmah, le cui prime tre parole possono tradursi letteralmente in questo modo: satyan significa “della verità”, nasti “non è”, paro “ulteriore, più grande, più alta.” La parola più difficile da tradurre è però Dharmah, poiché è dotata di molteplici significati. La radice del suo significato è associabile a “ciò che è stabilito o definitivo”. E da tale radice derivano molti altri significati quali “legge”, “consuetudine”, “dovere”, “moralità”, “giustizia”, “religione”, “insegnamento o dottrina”, “buone opere” e “natura essenziale”.
Il motto dunque non riguarda specificamente ciò a cui noi solitamente ci riferiamo con la parola “religione”. Si riferisce invece al concetto che nessuna delle cose che riguardano l’essere umano o le proprie convenzioni o idee può sostenere il confronto con la natura stessa della Verità. La realtà è ben di più dell’unione delle sue singole parti e il suo significato si spinge ben oltre le nozioni attraverso le quali proviamo a descriverla. La frase quindi ci invita a riportare la nostra attenzione dal fondo dell’emblema, alla parola Om che si trova sulla sua sommità. Questa parola è infatti il simbolo stesso di ciò che è vero in sé, della Verità stessa. Ne consegue che l’emblema intero, proprio come il serpente, termina nel punto stesso in cui prende vita, affermando così l’unità della Verità suprema che riunisce tutte le cose.